La crescente pressione fiscale sugli immobili sta spingendo, chi detiene uno o più immobili da mettere a reddito, a fare una valutazione dell’ efficienza dell’investimento. L’Imu, che torna a colpire le prime case e soprattutto l’ aliquota molto elevata sulle seconde abitazioni (in particolare nei comuni che ampliano al massimo la loro forbice) e un eventuale incremento dell’aliquota della cedolare secca (attualmente al 21% dell’affitto, 19% in caso di canoni concordati) inducono a riflettere su quanto renda effettivamente un immobile locato.
Secondo Nomisma il rendimento medio lordo annuo di un immobile residenziale in affitto in Italia si è attestato nella seconda metà del 2012 al 4,36% lordo. Questo equivale a un rendimento annuale netto (in caso di applicazione della cedolare secca con aliquota al 21%) del 3,4%. Viene naturale confrontare questo rendimento con uno alternativo sul mercato mobiliare che potrebbe essere un conto deposito vincolato per cui oggi è possibile trovare offerte il cui rendimento annuale lordo è intorno al 4.7%
Immaginiamo il proprietario di un immobile del valore di trecento mila euro che percepisce un canone da locazione (al netto della cedolare secca) di 10.200 euro. A questa cifra bisogna poi sottrarre il valore dell’Imu (poniamo pari allo 0,76%, ma va considerato che molti comuni stanno decidendo di portare l’aliquota a livelli quasi doppi) che si calcola sul valore della rendita catastale. Semplifichiamo immaginando che il costo dell’Imu ammonti a millecinquecento euro, quindi, il reddito netto dell’investimento per il proprietario di un immobile ammonterebbe a 8.700 euro. Naturalmente a questo vanno sottratti eventuali costi di manutenzione straordinaria per l’immobile (che sono a carico della proprietà) e un rischio insolvenza dell’inquilino che negli ultimi mesi è decisamente crescente soprattutto per gli immobili di fascia medio bassa. Non da ultimo va considerato che l’immobile potrebbe rimaner sfitto per diversi mesi e che normalmente il proprietario è costretto, alla fine dello locazione, a sostenere ulteriori costi per lavori di ristrutturazione o di ripristino dello stato dei luoghi al fine di rendere l’immobile attraente per un nuovo conduttore.
Un pari investimento di trecento mila euro, in uno conto deposito vincolato a 12 mesi, renderebbe circa 10.800 euro al netto della ritenuta fiscale del 20% e dell’imposta di bollo marginale (pari all’1 per mille nel 2012 fino a un massimo di 1.200 euro e dell’1.5% nel 2013). La scelta del conto di deposito, nel nostro esempio sarebbe più proficua di ben 2.100 euro all’anno rispetto al rendimento dell’immobile e certamente molto meno rischiosa in quanto non legata a variabili imprevedibili come l’andamento del mercato immobiliare. Nel caso di un conto deposito il rischio maggiore è legato al default della banca, che comunque è limitato grazie al Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi che fornisce una garanzia fino a 100 mila euro per ciascuno degli intestatari del conto
In definitiva se si ritiene che il valore di mercato del proprio immobile scenderà nei prossimi anni avrebbe senso venderlo, investendo il ricavato su un conto di deposito ad elevato rendimento. Successivamente, quando si immaginerà che la discesa del prezzo degli immobili sarà terminata, sarà possibile reinvestire la liquidità rivalutata in un nuovo immobile beneficiando del calo dei prezzi. Chiaramente questo è un processo che richiede tempo e comporta dei rischi e dei costi legati all’acquisto di un nuovo immobile ( tasse, notaio, eventuale mediazione) e soprattutto bisogna considerare che i tempi medi di compravendita immobiliare si sono allungati a 6-8 mesi, quindi vendere il proprio immobile non è al momento una operazione semplice
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